In questi giorni una ricerca rapida sul nome Peter Higgs porta con sé risultati eloquenti: addio allo scienziato britannico (1929 – 2024) premio nobel per la fisica nel 2013 e scopritore dell’omonimo bosone. Questo nelle prime due, cinque, dieci pagine di scroll sul più noto motore di ricerca.
Eppure sul finire di marzo di quest’anno, appena quindici giorni prima, lo scenario sarebbe stato certamente diverso, considerato che in quelle ore era ai blocchi di partenza il processo a un altro Peter Higgs, già curatore della sezione di antichità greche e romane dal British Museum, silurato al principio del 2023 con la degradante accusa di furto, manomissione e vendita di reperti antichi. Per le/i più morbosi sui problemi di sicurezza della British (in questo caso Library) avevo pubblicato un contributo qualche tempo fa.
Eppure Higgs, solo due anni prima, aveva vissuto un momento di celebrità di tutt’altro tipo, dopo aver contribuito al riconoscimento di una raffinata statua marmorea cirenaica, possibilmente scomparsa nel 2011 e solo di recente riportata in Libia dopo qualche anno di stazionamento nei meandri dello stesso British Museum. La storia di oggi parla di una carriera trentennale conclusasi al principio dello scorso anno, dopo aver conosciuto l’apice nella curatela della mostra Atleti, combattenti ed eroi nell’antica Grecia, ancora oggi nel circuito internazionale delle esposizioni itineranti.
Con la prima perquisizione arriva anche il sequestro di una decina di dispositivi elettronici personali. La notizia giunge alla stampa dallo stesso BM solo il 16 agosto in formato .pdf, mesi dopo il licenziamento. Sono circa 1800 gli oggetti sottratti, danneggiati o smarriti dopo la vendita online su piattaforme tipo Ebay. Si tratterebbe per lo più di oggetti mai o raramente esposti, di medio valore, talvolta non catalogati o comunque descritti solo in archivi digitali disponibili alla riscrittura fraudolenta. Manufatti che, a partire dal 2016, secondo le rivelazioni del Times di Londra e del Daily Telegraph, sarebbero stati messi in vendita e in alcuni casi danneggiati attraverso atti di fusione, taglio e smembramento. Gli oggetti, non appartenenti a un’unica collezione, ma in parte riferibili all’età romana e moderna, erano conservati anzitutto a scopo di ricerca, e proprio il tempo lento di reazione del BM è additato al pubblico ludibrio nell’indefinita conta dei danni dovuta alla crescente difficoltà di recupero dei reperti.
La segnalazione (inascoltata) risale infatti al 2021, quando un rivenditore di antichità che aveva rilevato una consistente mole di piccoli oggetti scrive di sua penna al vicedirettore del BM. Il fattore tempo in casi come questi è una variabile di assoluta importanza e proprio la sottostima dell’episodio porterà in serie prima al demansionamento del vicedirettore Williams, quindi alle dimissioni anticipate del direttore Fischer sul finire dello scorso anno. L’indagato, inizialmente non inquisito, non collabora e si dichiara innocente, nessuno risponde alle domande della stampa, e solo i controlli a campione sui depositi dell’importante istituzione culturale consolidano i sospetti di una falla nelle procedure del BM.
I protocolli di sicurezza e revisione del patrimonio nel frattempo sono ripensati e aggiornati, considerato che il sospetto (non parliamo di sentenze) è che si tratti di un’operazione interna e non di un furto con destrezza operato dall’esterno della struttura. Il riconoscimento di tutto quanto “non registrato” sia comunque nel possesso del BM è il primo passo operativo, cui seguono una lunga fila di raccomandazioni indispensabili per la preservazione delle collezioni. Non è che l’antipasto di un piano stimato in 12 milioni di dollari per la riprogettazione della filiera conservativa, cui fanno eco le giuste, in ogni caso, richieste di restituzione di rilevanti reperti da parte di Grecia e Nigeria.
All’oggi sono meno di 400 le monete, gemme ed altri manufatti (talvolta venduti per poche decine di dollari) recuperati, mentre le motivazioni del possibile responsabile risultano ancora incomprese. Il giudice competente ha coinvolto la stessa Paypal nell’incidente ingiungendo la divulgazione dei pagamenti effettuati all’account (con alias) dell’inquisito, che è impossibilitato a seguire direttamente l’udienza a causa del disagio psichico che attanaglia l’ex sovraintendente dei marmi del Partenone dopo l’esposizione pubblica del caso. Nel frattempo l’inchiesta del Metropolitan Police Service con base a Londra rende partecipe il BM che le vendite a decine di compratori di oggetti (in particolare antiche monete) compatibili dall’account incriminato sarebbero iniziate ben prima della segnalazione originaria, a decorrere dal 2014. Anche in questo caso il nostro uomo ha negato ogni accusa, indicando un’origine alternativa delle pietre dello scandalo.
Per chi segue, e specialmente per chi non segue il blog, questo brano ripercorre le istanze sollevate un paio di mesi fa da Robin Books: rubare ai Girolamini per contrastare i tarli. Negli stessi giorni, non credo dopo aver letto l’articolo (!) è giunta la prima azione non squisitamente difensiva del Museo, che ha inaugurato una piccola esposizione di alcune gemme recuperate nel cuore di una storia ancora tutta da scrivere.