La cifra non è nota, meglio, non è stimata. Per certo sono almeno 170 volumi di pregio volatilizzati negli ultimi due anni, di cui ben 78 nel solo Ateneo di Varsavia. La storia di questa settimana ci riporta alla rubrica informale dedicata al furto (vedi anche la puntata sui Girolamini, e quella sul British Museum) ed ha inizio nell’aprile 2022, probabilmente nella biblioteca universitaria di Tartu.
Qui una coppia di uomini russofoni appassiona gli addetti con la fantasia di una ricerca su letteratura e censura nel periodo zarista. Con espedienti, tempi e personaggi più vari l’epidemia di taccheggio dilaga in Germania e Francia, Repubblica Ceca e Finlandia. E proprio a Parigi, dopo le incursioni alla BNF, si sono fatte più fitte le indagini che nei mesi più recenti hanno portato a tre denunce tramutatesi in fermi di polizia. Ad oggi sono almeno nove gli arresti coordinati in sede Europol. Tra le ipotesi investigative al vaglio dell’Operazione Pushkin c’è infatti qualcosa di diverso dal puro e “semplice” furto di opere. L’itinerario dei volumi, talvolta rivenduti online in aste a Mosca e San Pietroburgo, convergerebbe sempre in direzione Federazione Russa.
La particolarità? Tutti i volumi sottratti sono appunto di autori russi, per un valore che supera i due milioni e mezzo di euro, quasi la metà del danno fa appunto riferimento all’università della capitale polacca. Le prime tirature o altre edizioni ottocentesche di pregio di Aleksandr Pushkin e Nikolai Gogol, in particolare, sono gli obiettivi delle ruberie e l’oggetto d’interesse degli sforzi di recupero dei volumi trafugati con destrezza o effrazione, sostituiti con copie false di fattura professionale o silenziosamente spariti.
Quella delle ruberie bibliotecarie da parte di utenti, dipendenti, gerenti, è una storia antica come l’istituzione che la contiene, anche a proposito di letteratura russa le sparizioni “timbrate” non mancano affatto. Su questa recente vicenda sono già stati scritti fiumi d’inchiostro, specie nei paesi direttamente colpiti dal ladrocinio librario, eppure un’interpretazione definitiva e organica dei fatti non c’è. Resta la coltre del sospetto, dell’ovvio non chiarito, dei collegamenti intuitivi e a un tempo sfilacciati. E un’unica certezza, che è quella di un’operazione di riappropriazione a carattere privato e di lucro se non di prestigio nazionale. Oltre questo assunto ricadiamo naturalmente nel campo delle ipotesi, quello in cui la tentazione a leggere gli eventi con le lenti dell’occidente, del conflitto, del “piano”, ci porta a indossare troppi occhiali per un unico naso. Un naso che, come narrava lo stesso Gogol, si è reso autonomo e oggi vaga per le vie di Pietroburgo.