Nel 2006 nascono in Italia Wuz e Anobii. Il primo, in principio sorto come rivista digitale e poi passato al gruppo Feltrinelli, ha chiuso da diverso tempo. Il secondo ha sviluppato ben presto una discreta comunità di utenti in lingua italiana, pubblicato almeno un libro di recensioni dei suoi utenti, quindi sperato in un rilancio dopo la parentesi societaria in pancia a Mondadori, e ancora ha atteso e trovato un restyling grafico (che però gli ha fatto smarrire la caratteristica visualizzazione a libreria) poi più nulla.
Un anno più tardi da quel lontano 2006, non dall’ultimo maquillage web del social che porta il nome del tarlo della carta, nasce Goodreads. In oltre quindici anni di letture Goodreads ha costituito la più grande comunità digitale di lettori, autrici, recensori, e forse anche per questo si affaccia periodicamente alle cronace di settore per via delle medesime tare che affliggono gli altri social media commerciali: atteggiamenti persecutori, utilizzo fraudolento, derive commerciali di diverso tipo. Eppure, con più aggiornamenti di policy che di interfaccia, e nonostante la persistenza della sola lingua inglese, Goodreads si è ritagliata un suo protagonismo, seppure di nicchia, tra gli amanti del social reading.
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