Marino Sinibaldi, qui la sua intervista su Repubblica, è stato silurato telefonicamente dalla presidenza del CEPELL. Una decisione fulminea che, il virgolettato è suo, non parla di lottizzazione, ma di occupazione, una propensione famelica che non guarda al lavoro, alle competenze, alle biografie.
In sua vece il ministro della Cultura G. Sangiuliano ha battezzato alla guida dell’istituto con sede al Palazzetto Andersen del quartiere Flaminio, il giornalista Adriano Monti Buzzetti Colella, già autore (con il presidente dell’Unione Monarchica Italiana Alessandro Sacchi) di Conversazione sulla monarchia.
Il testo, impreziosito dalla prefazione del pretendente al trono, duca d’Aosta, principe della Cisterna e di Belriguardo, marchese di Voghera e conte di Ponderano, all’anagrafe Amedeo Umberto Giorgio Paolo Costantino Elena Fiorenzo Maria di Savoia, può introdurre alla matrice ideologica e politica del nuovo dirigente dell’ente per la promozione della lettura.
Dall’intervista all’autore pubblicata su letture.org
io credo che tornare a parlare di Monarchia in Italia abbia senso sotto più di un profilo. Non solo per le “solite” ragioni che vengono dal passato, ossia dalla ragionevole certezza delle dinamiche truffaldine – e di fatto golpiste – che nel ‘46 hanno sdoganato l’attuale forma dello Stato. E neanche solo per motivi che promanano dall’esterno, ovvero dal confronto perdente tra l’Italia repubblicana e le più sane ed efficienti democrazie europee, dove non a caso il garante dell’assetto istituzionale è un Re o una Regina. Il perdurante deficit d’identità nazionale, l’avvilente patriottismo da stadio, la disistima ormai radicata verso una classe politica repubblicana sempre più identificata come una casta di boiardi di Stato: questi e molti altri malesseri “spirituali” della società italiana possono, a mio parere, ricollegarsi tutte all’ardita strategia di maquillage istituzionale e culturale avviata negli ultimi settant’anni. Quella con cui, una volta defenestrata con l’inganno la Dinastia che pur tra errori e passi falsi – chi non ne ha compiuti? – aveva avuto il merito di rendere reale l’Italia immaginata da Dante, si è voluto assicurare l’irreversibilità dell’operazione in due modi perfidamente efficaci. Da un lato con l’assurdità giurisprudenziale dell’art. 139 della Costituzione, che ha in sostanza reso eterna la Repubblica “impermeabilizzandola” anche dal verdetto di un ipotetico nuovo referendum; dall’altro con un indottrinamento a tappeto ed una puntuale riscrittura a senso unico delle nostre vicende storiche..
Adriano M. B. Colella