Mezzanini: morale sottoterra

C’e stato un tempo in cui la mia fonte privilegiata per sapere quali concerti erano in previsione in città era la scura bacheca di Mariposa dischi, cui accedevo dall’ingresso sul retro del Duomo, di fianco alla magnolia in ombra, che fiorisce sempre per seconda. Dopo le scale scendevi affianco la negozio di abiti bislacchi, dopo passavi per l’ingresso sotterraneo della Rinascente e giu fino all’edicola ricolma di riviste, ma nel mezzo Mariposa. La musica che trovavi lì non era quella delle messaggerie, né la selezione ampia come quella di Ricordi o come la successiva Fnac.

Sono quasi 260 i negozi ancora esistenti nelle prime tre linee della metropolitana milanese, di cui un terzo edicole e un quarto bar. Di questi 258 locali (altri sono stati soppressi nel tempo) il 20% è chiuso, 29 sulla sola prima linea. Il costo dell’affitto, gli oneri di ammodernamento e in terza battuta il disagio del lavoro costantemente sotto il piano di campagna e in assenza di luce naturale, hanno portato a uno stato di crisi perpetua che già dieci anni fa vide una procedura straordinaria con indennità di occupazione per gli esercenti in vista del bando di assegnazione 2016.

Orafi, fiorai, sarti. A ricordare quel che era la Galleria dell’artigianato, il tunnel che collega la stazione metropolitana di Cordusio a quella di Duomo, oggi è solo un’insegna all’ingresso. Le maestranze hanno abbandonato da anni il mezzanino, le manifestazioni d’interesse per trovare nuovi affittuari non hanno avuto successo. Risultato? Il 20 per cento dei negozi nei mezzanini delle linee metropolitane m1, m2 e m3 è sfitto

Corriere della sera

ATM lavora da tempo a un progetto di rilancio dal nome Milano Metro Retail per il riposizionamento intermediato da un soggetto attuatore privato, a partire dalle stazioni Duomo, Wagner, Porta Venezia e Cordusio, si immagina con lavori di riqualificazione eccezionalmente a carico del proponente e non senza un’enfasi sul tema della sicurezza.

Eppure diversi ampi mezzanini in questi anni sono stati rigenerati spontaneamente da tante attività di ballo di gruppo, arte di strada, coreografie sempre in equilibrio tra stupore e tentativi di regolamentazione. Sono seguiti i palchi per band emergenti, e i pianoforte pubblici. A Milano ci sono stazioni dai mezzanini tutelati come beni architettonici, è l’esempio di Amendola o Caiazzo, scavi di antiche vie romane, dedali di corridoi, mezzanini ricovero per l’emergenza freddo notturna come in Centrale e ancora enormi spazi sotterranei quali la stessa Porta Venezia, progettata sessant’anni fa come interscambio con una futuribile M4, che avrebbe avuto poi tutt’altro percorso.

Difficile precipitare soluzioni tempestive e generatrici per restituire questi mezzanini alla cittadinanza attiva, alla pubblica fruizione, anche semplicemente alla realizzazione di sanitari puliti e gratuiti per chi attraversa la città pubblica. Eppure forse si potrebbe partire proprio da qui.


Foto di copertina di Leon Seibert su Unsplash


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