L’approvazione del Decreto cultura è stata salutata con piena soddisfazione dalle associazioni rappresentanti la filiera del libro (stessa cosa non si può dire per il mercato dell’arte che puntava ad abbattere l’IVA sulle transazioni) in particolare in riferimento al Piano Olivetti per la rigenerazione culturale delle periferie e dei territori svantaggiati per effetto di un Fondo da 4 milioni per under 35 che aprono librerie e il recupero “in corner” del fu Fondo Franceschini. Tra le altre iniziative contenute nel Decreto il sostegno alle pagine culturali dei quotidiani cartacei e altri finanziamenti a pioggia a determinati istituti a carattere storico e culturale.
A ben vedere, rispetto alla limpidezza delle richieste mi pare che l’esito del Decreto sia piuttosto deludente sia se ponderato con i recenti tagli al comparto (per non dire dell’Università e della ricerca) sia perché comprensivo di soli due anni di finanziamento (25 milioni per l’anno corrente, solo 5 milioni per il 2026) più utili ad ammorbidire l’atterraggio che a indicare un’inversione di tendenza rispetto agli esordi del governo Meloni. Restiamo sul punto perché sia chiaro: si passa da 30 milioni di euro l’anno a zero, e da zero a 30 milioni di euro in due anni (tutti sbilanciati sul primo) per poi tornare, per quanto ne sappiamo oggi, nuovamente al punto zero. Questa è la prospettiva che viene salutata con tanta inspiegabile felicità.
Lo scorso anno, in coincidenza con lo stop al fondo Franceschini e la dissezione di 18app in Carta Cultura e del Merito, si sono smarrite la bellezza di 2,4 milioni di copie (-2,3% sul 2023) per un controvalore di 23,2 milioni di euro, questo a parere della ricerca NielsenIQ-GfK. Chi paga la caduta dell’invenduto? Anzitutto lettrici e lettori che vi hanno rinunciato, va da sé, eppure nessun articolo che abbia avuto modo di leggere nelle settimane successive alla pubblicazione dei dati se ne occupa e preoccupa troppo. In seconda battuta i piccoli e piccolissimi editori, con una curva che attraversa in risalita duemila case editrici prima di approssimarsi al pareggio delle portaerei della filiera editoriale. A questo proposito va ricordato il giusto che Giunti, Feltrinelli, Mauri Spagnol e Mondadori cubano da sole oltre la metà del mercato trade. La sesta piazza editoriale del globo non se la passa alla grande e sebbene leggere flessioni siano registrate anche in Francia e Regno Unito, in Spagna si saluta il 2024 con una crescita che sfiora la doppia cifra.
A giugno 2023 uno studio Nomisma raggelava gli scrittori con queste cifre: il 30 per cento dei libri pubblicati non vende una copia, o al massimo ne vende una. Fra i libri usciti nell’anno immediatamente precedente nemmeno 35mila hanno raggiunto le 10 copie vendute. Ancora indietro: ad aprile 2024, l’editore Riccardo Cavallero traumatizzò la platea letteraria di Facebook pubblicando il venduto dei romanzi nella dozzina finalista dello Strega (ovviamente prima che entrassero nella dozzina medesima): spaziava dalle 400 copie alle oltre 50.000 di Donatella Di Pietrantonio che ne sarebbe stata vincitrice.
Lucy sulla cultura
A questo punto il discorso può muovere in due direzioni: dove finisce il prezzo di copertina, quanto è sano il rapporto tra copie stampate ed effettivamente vendute. Il prezzo di copertina di un libro da 15 euro si compone (a spanne, le variabili sono innumerevoli) così: un euro e qualcosa all’autore, uno e qualcosa alla promozione, uno e mezzo al distributore, almeno due al processo di stampa, cinque o più al punto vendita, i costi vivi dell’editore (personale, sede, utenze, consulenti, diritti…) cui si sommano le note corse a ostacoli per magazzino carta nuova e stampata. Diciamo che un 10% (un altro euro e mezzo) resta in pancia alla casa editrice. E qui entra a gamba testa l’ultima trovata di Feltrinelli:
per la messa in linea dei titoli novità nella catena di librerie fisiche e online (Ibs) del gruppo Feltrinelli è richiesto l’adeguamento dello sconto in anagrafica al 48%’. E la Direzione Feltrinelli ci ha fatto sapere che non è disposta a trattare. O accetti o sei fuori
Il fatto quotidiano
Piuttosto interessante per un gruppo che sta conoscendo in queste settimane il più ampio fronte di sciopero e mobilitazione della sua storia editoriale.
Secondo punto: in Italia si stampano quasi 85.000 titoli l’anno. I soli 100 best seller hanno venduto 800.000 copie in meno dell’anno passato, per un controvalore di quasi 6 milioni e mezzo. Se volete altri numeri aggiornati questo articolo propone un girone dantesco di sicura soddisfazione.
282 libri ogni giorno, 12 l’ora. Il 51,7% degli editori attivi sono “micro-editori” che realizzano ciascuno una tiratura annua non superiore a 5mila copie, il 39,4% “piccoli” con una tiratura massima di 100mila copie, il 6,5% “medi” che pubblicano non più di un milione di copie e solo il 2,4% sono classificati come “grandi” poiché la loro produzione annuale è superiore a un milione di copie. Nel 2024, i titoli che hanno venduto più di 2mila copie sono appena 3.254
Il libraio
Nel 2024 gli store online hanno perso oltre 26 milioni di vendite (nonostante il segno positivo di abbonamenti per audiolibri e ebook al dettaglio) e la GDO quasi 7 milioni. Le librerie fisiche segnato più 8,8 milioni, sorrette dalla sola narrativa, specialmente italiana. E tutto questo come si collega al Decreto cultura? Personalmente sarei molto cauto nel dichiarare in scioltezza poderosi moltiplicatori degli investimenti, e al tempo stesso il precipitare in tempo reale dei dati di vendita. Perché i due argomenti non sono coerenti né supportati da dati univoci. Se un giorno si spende con leggerezza 30 milioni l’anno per generarne tanti di più nel tempo, a fine anno non si può uscire con disinvoltura con un prevedibile “Visto? Mancano esattamente quei 30 milioni all’appello!”. E l’effetto moltiplicatore? E i comportamenti culturali? E una lettura a volo d’uccello dei dati disaggregati?
Nonostante la malizia dilagante oggi registriamo alcuni fatti:
- Il ripristino del Fondo librerie (a beneficio dell’intera filiera e delle biblioteche in seconda battuta) in un contesto di sforbiciate ben più gravi e consistenti
- Una parallela contrazione del mercato del libro che tocca in maniera consistente i luoghi (fisici e digitali) che NON sono librerie in un contesto di sovrapproduzione di titoli e di copie stampate
- L’affannno degli editori piccoli e piccolissimi in una cornice di progressiva concentrazione editoriale.
Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere.
Foto in copertina di Patrick Tomasso, su Unsplash