Chi entra nella famiglia del pubblico dominio

Nessuna autorizzazione, nessun compenso. A voler concentrare in due concetti il pubblico dominio (senza ricorrere a lunghe perifrasi sulle specificità delle legislazioni nazionali e le eccezioni al termine della protezione legale di diritti, marchi e brevetti) si potrebbe partire da qui: dall’utilizzo e riutilizzo, di risorse, libero da qualunque recinto.

La nascita di questo campo di libera fruizione ed espressione è evidentemente connesso e speculare alla storia della tutela dei diritti autoriali, editoriali, produttivi, distributivi, di traduzione, e interpretazione. In sintesi oltre i confini della proprietà intellettuale si collocano le opere pubblicate più di 95 anni fa (USA) o quando l’ultimo autore sia morto da almeno 70 anni (UE) o ancora quando non vi siano state specifiche estensioni del diritto stesso, e ancora quando non ci si riferisca precisamente al diritto colombiano o messicano, che soffrono di leggeri discostamenti temporali rispetto alla regola generale.

Il pubblico dominio (PD) identifica l’estensione ai fatti culturali e scientifici di quel che una volta apparteneva al pubblico demanio. Ma è un istituto reale o puramente e semplicemente un’entità del diritto disapplicata come avviene (mi rendo conto che il paragone è ardito) con l’usucapione di beni e terreni?

Online sono infatti usciti diversi articoli che citano per esempio Tintin come personaggio entrato nel pubblico dominio a partire dal 2025, ma vale solo per le leggi americane, mentre per quelle europee il personaggio di Hergé diventerà di tutti soltanto 70 anni dopo la morte del fumettista, avvenuta nel 1983.

Fumettologica

Nelle ultimissime stagioni opere arcinote di Hemingway e Virginia Wolf, Hitchcock e John Ford, Ravel, Chaplin, Matisse, Frida Kahlo e ancora fumetti come Winnie the Pooh, TinTin e Braccio di ferro hanno varcato la soglia del PD. O almeno questo è quello che si legge sulle testate che frettolosamente clonano gli articoli pubblicati sui media statunitensi. Già perché, come anticipavo, tra gli annunci e le opportunità ci sono i diritti di traduzione e la differente legislazione. Nel campo del pubblico dominio nessun diritto è più riservato ma, il caso di Topolino, anche quello “prima maniera” di Steamboat willie, è piuttosto paradigmatico, esistono cento condizioni di dubbio o “aggiornamento” che ne rendono difficile l’identificazione, in primis in merito ai marchi registrati e rinnovati. Basti pensare al ricorso ossessivo alla rimasterizzazione degli audiovisivi che, oltre a produrre suoni inediti rispetto alle atmosfere d’infanzia e incasinare la cronologia della pubblicazione album sulle note piattaforme, gioca la sua partita anche in questo senso, lasciando nell’oblio dell’irreperibilità le precedenti edizioni. Senza contare i vincoli residui sul diritto d’immagine delle persone, e ancora la valutazione di compatibilità (unitamente a un canone da pagare) per quei beni del patrimonio artistico nazionale per cui è stata apposta una tutela rafforzata.

Esistono altri casi di pubblico dominio: quando lo stabilisce la legge (gli atti istituzionali) e quando l’autrice/autore stesso lo esplicita. Le due specifiche sono marginali perché poco interessante dal punto di vista culturale la prima (perimetrata ai soli testi degli atti ufficiali la prima) e perché sovente superata dal ricorso a licenze quali creative commons la seconda. Per navigare nelle risorse che annualmente vengono “liberate” due ottime fonti sono il Centre for the Study of the Public Domain della Duke University Law School in North Carolina e Internet archive.

L’usufrutto del pubblico dominio è in sintesi continuamente inficiato dal generoso ricorso a rimasterizzazioni audio/video, nuove traduzioni (pur importanti), aggiornamenti incrementali grafici ed estetici, ripubblicazioni “aumentate” da contenuti extra, ma specialmente dall’inesistenza di repository validate e disponibili di contenuti in lingue minori quale quella italiana.


FAQ dell’AIB su public domain e open access

Risorse che dal 2024 rientrano nel PD in Europa

Foto di copertina Kristina Paparo su Unsplash


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