Interno, giustizia e difesa. Una pacata riflessione sulle motivazioni e gli obiettivi del Pacchetto Sicurezza potrebbe partire dalla sua progenitura. Presentato dai ministri Piantedosi, Nordio e Crosetto, è stato approvato dalla Camera dei deputati lo scorso 18/09 nella distrazione dell’opposizione, per metà assente (o dispersa in emendamenti marginali) e per metà impegnata a chiedere più agenti e guardie penitenziarie. In 38 articoli il DDL offre disposizioni in materia di sicurezza pubblica, tutela del personale in servizio, ordinamento penitenziario e altro.
Lo scorso martedì 8 ottobre, con l’avvocato Straini del foro di Milano, sono stato ospite del circolo ARCI La Scighera per un incontro pubblico di introduzione e confronto sul “pacchetto”, nella fase decisiva del suo iter istituzionale. Quello odierno non è dunque un articolo ulteriore ai molti contributi testuali, audio e video reperibili in rete, ma un puro esercizio di pubblicizzazione (nel senso di restituzione pubblica) degli appunti che ho usato per condurre quella conversazione. Si tratta di un esperimento: non siamo nel campo semantico consueto al blog, né in una forma tradizionale e compiuta di scrittura. La manifestazione dello scorso sabato mi è parsa comunqe un’occasione adeguata per riordinare e riproporre alcune intuizioni su un argomento di cui possiamo forse scegliere di non occuparci, nella certezza che si occuperà di noi.
A titolo di premessa
La postura che ispira queste riflessioni è anticarceraria: in termini scolastici l’abolizionismo postula che la giustizia penitenziaria sia costitutivamente iniqua, incapace di reintegrare le soggettività, disinteressata alla prevenzione dei reati. La quota maggioritaria di questi ultimi (quindi della sofferenza e dei costi connessi) sarebbe affrontabile attraverso la liberalizzazione dei costumi, politiche per l’abitare e per la mobilità transnazionale delle persone.
La crisi del sistema penitenziario si manifesta non tanto e non solo nel fenomeno del sovraffollamento (almeno quindicimila gli “ospiti” ulteriori alla capienza consentita) ma negli oltre 600 suicidi degli ultimi 10 anni. Per dare una misura di paragone il regime fascista ha eseguito 118 sentenze di morte.
In tre punti
- Non è una riforma: non interviene su un problema e le sue radici, ma sul percepito (mediatico, nemmeno reale, almeno stando ai dati Istat sull’andamento dei reati nel Paese)
- Approccio autoritario: oltre il 50% degli articoli inventa nuovi reati o aggrava le pene previste (si supera così il meccanismo del disincentivo e si punta a reprimere alcuni comportamenti sociali tramite la custodia in carcere)
- Il DDL è un dispositivo contro poveri, migranti, sindacati, donne, reclusi, movimenti: disinnescare le lotte sociali e i comportamenti non conformi, e al tempo stesso sorvolare su corruzione, frode, falso in bilancio, abuso d’ufficio, traffico d’influenze. Istituzionalizza così un’inedita sproporzione tra le pene per i reati della strada e quelle per i reati del potere
Militarizzazione, carcere e CPR
Viene liberalizzata la seconda arma per le forze dell’ordine (circa 300.000 agenti in tutto lo stivale) e sono al tempo stesso aggravati i reati di resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale.
La bodycam facoltativa in assenza di codice identificativo si profila come arma bianca di stato a esclusiva tutela delle/degli agenti.
Le rivolte in carcere e CPR sono puntire con aggravanti che possono giungere a ben 20 anni di pena, a fronte dell’immunità per i fatti di Modena. Viene previsto il carcere anche per donne incinte o con minori. Si introduce il ricatto criminogeno dell’acquisto di sim telefonica vincolato al permesso di soggiorno.
DASPO
Il ricorso a questo dispositivo è ampliato anche in assenza di condanne passate in giudicato, allo scopo di agevolare l’allontanamento dal territorio. La repressione si fa di questo passo sempre più tecnica di governo, delegata alla figura del sindaco-sceriffo. Di particolare interesse risulta l’azione preventiva per le persone denunciate per via della loro attività di contestazione a infrastrutture di particolare interesse quali le grandi opere.
Reati sociali
Due anni per blocco stradale, tre anni per imbrattamento di beni pubblici, cinque anni per danneggiamento (di qui a crescere interviene la custodia cautelare) e ben sei anni per l’occupazione organizzata di case. Sull’attacco portato al movimento ecologista segnalo in particolare il report della rete In difesa di e dell’Osservatorio repressione, ma anche i copiosi contributi di ASGI, Antigone e giuristi democratici. Sul piano della mobilitazione è poi nata in questi mesi la rete Liberi di lottare – Fermiamo il DDL 1660, che tra seminari di approfondimento e giornate di piazza ha portato a disamina gli aspetti più controversi, invisibili e taciuti del DDL: dal ruolo dei servizi segreti al terrorismo della parola, passando dalla sua cornice di diritto penale del nemico.
Il campo internazionale
La sensibilità alla crisi climatica si fa argine al profitto, ed era probabilmente scontato che il governo inseguisse i passi di Confindustria contro le ipotesi di lavoro del green new deal. Più preoccupante è che anche oltre i confini patrii l’accerchiamento tramite dispositivi di cattura inediti abbia portato negli ultimissimi mesi ad una condanna a 3 anni 8 mesi per le giovanissie attiviste di Just Stop Oil, ree di aver versato vernire sul vetro protettivo dei noti girasoli, senza che l’opera ne fosse in alcun modo intaccata. In Francia Soulevement de la terre è stato messo fuorilegge, salvo poi risorgere in fase di ricorso.
Conclusioni
Il DDL 1600 non agisce mel campo della ragione eccezionalista ma rappresenta un salto di qualità nella continuità post-Genova 2001. La sua fattura sconta il contesto di guerra, e dentro questa cornice si propone come panacea al vuoto di politiche pubbliche e alla perpetua stagione di contrazione dello stato sociale.
Libertà è partecipazione diceva il maestro. Partecipazione, non sussunzione. La sottrazione, il dissenso, possono e devono sempre essere concordate nel luogo, nell’orario, nella modalità, mediante un comodo accordo con la controparte o chi garantisce lo status quo? Risolvere frettolosamente il quesito in forza di potenziali condanne amministrative e penali sempre più severe è due volte criminogeno: produce reati allo scopo di generare criminali.
Immagine di copertina The Last Underground Prison: He Fell Dead into His Brother’s Arms, 1797