Educazione civica: pubblicate le nuove linee guida. O no?

In attesa della più ampia riforma in materia di valutazione, condotta e sospensioni, 4+2, le linee guida per la nuova educazione civica approdano sui banchi di scuola in sostituzione di quelle datate al giugno 2020. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, retto da Giuseppe Valditara, confeziona un pacchetto d’indirizzo in cui, tra molte continuità, spiccano alcune istanze inedite.

Dal patrimonio alla patria. L’occorrenza dei due lemmi è ribaltata: all’insistenza sul patrimonio materiale e immateriale (culturale, territoriale, agroalimentare..) è surclassata dal ricorso insistente ai concetti di comunità nazionale e patria, identità italiana, civiltà europea e occidentale. Senza dimenticare un riferimento all’importanza di integrare gli “studenti stranieri”.

La collaborazione con le famiglie lascia il posto alla collaborazione tra paesi che hanno valori e interessi generali comuni, senza che un inciso discorsivo sui temi della guerra e della pace sia richiesto.
Fa ingresso in grande stile la promozione della cultura d’impresa, la valorizzazione dell’iniziativa e della proprietà privata, mentre la crescita economica sostituisce la crescita dei bambini.
L’educazione civica non è un’insegnamento in senso proprio ma un monte ore (almeno 33) da dedicare a traguardi, contenuti e obiettivi che nell’edizione “2024” appaiono talvolta poco chiari, quando non improntati a valorizzare a un’emersione individuale che pone fisiologicamente sullo sfondo la questione sociale. La scuola dei talenti pretende decoro e osteggia ogni dipendenza, eccezion fatta per le scommesse sportive, che ad oggi non campeggiano nel generoso elenco dei nemici pubblici.

Questo almeno stando al comunicato stampa pubblicato lo scorso mese dal Ministero in attesa del parere, comunque non vincolante, da parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione. La risposta è infine giunta il 28 agosto con una collettiva e sonora bocciatura in sette pagine. In sintesi il Consiglio critica il carattere prescrittivo piuttosto che d’indirizzo delle nuove Linee, segnala lo scollegamento dalla precedente impostazione incardinata su costituzione, sviluppo sostenibile e cittadinanza digitale (come da legge 92 del 2019) invita a lavorare sull’esito del monitoraggio ministeriale delle precedenti annualità, e forti dell’operato dei due organi collegiali (nucleo di esperti e comitato tecnico) attivi sul tema. Anche sui contenuti della proposta il Consiglio ravvisa l’assenza di riferimenti chiari in merito ad educazione finanziaria, e contrasto alla discriminazione e alla violenza di genere, superati da un più sobrio e ottocentesco “rispetto della donna”.

La palla è tornata dunque al ministro che ha bollato i rilievi come “pregiudizio ideologico”, salvo poi accogliere alcune delle istanze in vista della pubblicazione definitiva delle Nuove linee guida, prevista a giorni.


Non ho molti ricordi dell’ora di scuola dedicata all’apprendimento della cittadinanza, al di là di un video girato con le telecamere a cassettine durante un incontro con i vigili urbani che spiegavano i semafori a noi bimbi delle elementari. Ho però memoria delle cose che non si imparano in classe e che forse non sono tutte coerenti a questa scatola concettuale, anzi che certamente si collocano a latere di questo perimetro, ma che mi sarebbe stato utile apprendere. Per cominciare un’educazione alimentare irriducibile alle basi della cucina, che pure sarebbe bellissimo apprendere in età scolastica. Quindi una presentazione dei servizi pubblici, di prossimità e non. Educazione affettiva oltreché sessuale. E come dimenticare l’ora di “primo soccorso”, quella di “elementi di cultura del risposo e del benessere” di “fondamenti di vita all’aria aperta”, di “introduzione alla vita di comunità”…

Dotarci di uno sguardo sull’evoluzione, o involuzione, delle linee guida non cambia e non cambierà la sostanza dell’istituzione scolastica con i suoi voti, compiti, cicli e pof. Tuttavia, a partire da una vicenda singolare, una precisa traiettoria si fa di mese in mese più evidente. Se attraverso la disarticolazione di questi scampoli di riforma si aprissero spazi immaginativi della scuola possibile, l’occasione non sarebbe comunque sprecata.

Lascia un commento