Nello scrigno di Salecina c’è (anche) una biblioteca

Qualche settimana fa ho preso parte ad Alzare lo sguardo, una tre giorni di seminari, escursioni e convialità promossa da APE Milano e dal centro di formazione e vacanze Salecina, che si raggiunge dalla strada sterrata che dal Passo del Maloja conduce in direzione del Passo del Muretto e al Ghiacciaio del Forno.

La Casa con più stelle tra la Bregaglia e l’Engadina, come recita il sito web dell’omonima Fondazione, nasce nel luglio del 1971 su stimolo dei librai Amalie De Sassi e Theo Pinkus , già animatori della Studienbibliothek zur Geschichte der Arbeiterbewegung (biblioteca di studi sulla storia del movimento operaio) sui corpi di fabbrica di una fattoria di origine settecentesca.

Cominciammo a ristrutturare nell’estate del 1972. In quell’anno ero andata in pensione, non lavoravo più nella libreria e poiché volevo continuare a fare qualche cosa di significativo, andai al Maloja e aiutai nella ristrutturazione. C’erano sempre anche molte donne. Lavorammo durante tutta l’estate. Roman Kuoni organizzò la ristrutturazione nella sua qualità di direttore dei lavori. Gigi, una infermiera, cucinava ogni giorno per tutti e lavorava nella costruzione. Questo era, insieme ad altri, il “nocciolo duro”, così ci chiamavamo. Ci sentivamo fortissimi.

Amalie De Sassi


Così comincia questa storia di autogestione nel Cantone dei Grigioni, che accoglie tra i suoi tesori proprio una biblioteca, nell’edificio che accoglie anche le sale da pranzo, le cucine, un mini-spaccio (sempre autogestito), la stube, e gli altri spazi di servizio.

La biblioteca si compone di due sale comunicanti, i cui ambienti sono divisi dall’architettura lignea del tetto e dal mobilio basso. La prima sala accoglie la grossa parte della collezione, organizzata in sezioni da nomi come guide vecchie, letteratura locale, storia locale, vivere nelle alpi, natura, arte e architettura e, naturalmente, Salecina. Oltre ai volumi, disposti su scaffali colorati per agevolare la “lettura” delle sezioni tematiche, questa sala accoglie disegni di vedute e un paio di punti per la lettura.

Oltre il timpano ci ritroviamo in un secondo ambiente ricco di tavolini, sedie in legno, un divano, le foto dei primi promotori poste fianco a fianco. Qui la luce naturale proviene anche da due finestre a quarti di cerchio, che si affacciano sui prati retrostanti la struttura, e il declivio di larici ingialliti dall’incedere della stagione autunnale a 1800 metri di quota.

Questa piccola biblioteca/archivio, per lo più impreziosita da testi in lingua tedesca con cedimenti a francese, italiano e romancio, è incastellata tra le mura di Salecina e ben protetta dai suoni e dalla vivacità degli ospiti. Se siete da quelle parti merita una pausa caffé alla ricerca delle storia del territorio e delle ricette (non solo politiche) della Casa.

Salecina al di là della generosità del femminismo sottocutaneo delle sue madri, o del legame con un Marcuse o un Feltrinelli dei suoi padri, è anche un centro culturale decisamente attivo nell’oggi, con uno sguardo senza ombra di dubbio proiettato sul futuro. Condividere queste settanta due ore col Servigio Glaciologico Lombardo, Terre alt(r)e, Pro Natura e tant* altr* tra le braccia di Salecina si è rivelata la scelta giusta nel giusto posto. Sulla via del ritorno ripassiamo dall’ex chalet Kuoni, dove Giovanni Segantini si trasferì nel 1894 e cent’anni più tardi fu inaugurato il sentiero che ripercorre le tracce della sua permanenza artistica sull’altipiano.


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